Descrizione
Questo percorso rappresenta uno dei collegamenti più diretti tra la piana di Novalesa e l’abitato di Bar Cenisio, staccandosi dal tracciato 581 della Via Francigena nei pressi del torrente Cenischia, proprio dove le acque cominciano a stringersi nella gola su verso Moncenisio.
Superato un breve tratto asfaltato, la salita prende forma sul filo della vecchia mulattiera, una traccia antichissima che per secoli ha permesso alle comunità locali di raggiungere i pascoli alti e i piccoli nuclei abitati disseminati lungo il versante. L’ascesa è decisa e continua, incuneata tra balze rocciose e piccoli terrazzi che rivelano l’antica pazienza dell’uomo nel modellare i pendii della Val Cenischia.
Man mano che si sale, il bosco si apre e appare Saluroglio, un luogo che conserva due testimonianze uniche della storia militare e industriale di queste montagne.
Il primo edificio, ormai ridotto a rudere ma ancora sorprendentemente leggibile nelle sue forme, è conosciuto come il carcere. È un manufatto di origine settecentesca, costruito in un periodo in cui la Val Cenischia si trovava al centro di continue tensioni tra il Ducato di Savoia e la Francia. Nel Settecento, infatti, i confini alpini erano tutto fuorché stabili: scaramucce, occupazioni temporanee e passaggi armati erano frequenti, e questo piccolo edificio—solido, isolato, difficile da raggiungere—venne sfruttato come punto di controllo e probabile luogo di detenzione per disertori, sospetti informatori o prigionieri catturati durante le manovre sul confine. La struttura, pur semplice, riflette il carattere di quei decenni inquieti: muri spessi, aperture ridotte al minimo, e una collocazione che permetteva al tempo stesso isolamento e sorveglianza del passaggio.
Pochi passi più avanti, quasi in netto contrasto, compaiono i resti della centrale idroelettrica di Saluroglio, costruita negli anni Trenta del Novecento ma radicata in un filone tecnologico che affonda le sue origini molto più indietro. La Val Cenischia è infatti una delle culle dell’idroelettrico alpino: già a fine Ottocento le acque del Cenischia venivano sfruttate per i primi impianti sperimentali, e la centrale di Saluroglio rappresenta una delle prime strutture organizzate e modernizzate dell’intero arco alpino.
Questo edificio del 1930 era una sorta di “ponte” tra due epoche: raccoglieva l’eredità delle piccole centrali pionieristiche delle Valli di Lanzo e della Val di Susa, ma anticipava anche la logica dei grandi impianti del dopoguerra. Le turbine qui installate, alimentate da una rete di canalizzazioni oggi in gran parte scomparse tra la vegetazione, segnarono l’inizio di un cambiamento epocale: la montagna non solo come luogo di pascoli e transiti, ma come riserva energetica strategica. L’attuale centrale di Venaus, più a valle e visibile ancora oggi, ne è l’erede diretta.
Da Saluroglio il percorso si fa più dolce: una pista forestale conduce verso la SP212, che si attraversa brevemente prima di riprendere quota tra strada agro–silvo–pastorale e tratti di mulattiera. La salita continua regolare, costante, fino a raggiungere la SS25 in corrispondenza del bivio per il Lago Arpone, punto dove il tracciato si innesta sui percorsi 582 e 588.
Qui termina il tratto di collegamento, ma non la sensazione di aver attraversato una valle in cui ogni metro racconta una storia diversa: quella dei pastori e dei viandanti, quella degli ingegneri che hanno addomesticato l’acqua, e quella di un confine inquieto che per secoli ha inciso la vita delle comunità di montagna.
Superato un breve tratto asfaltato, la salita prende forma sul filo della vecchia mulattiera, una traccia antichissima che per secoli ha permesso alle comunità locali di raggiungere i pascoli alti e i piccoli nuclei abitati disseminati lungo il versante. L’ascesa è decisa e continua, incuneata tra balze rocciose e piccoli terrazzi che rivelano l’antica pazienza dell’uomo nel modellare i pendii della Val Cenischia.
Man mano che si sale, il bosco si apre e appare Saluroglio, un luogo che conserva due testimonianze uniche della storia militare e industriale di queste montagne.
Il primo edificio, ormai ridotto a rudere ma ancora sorprendentemente leggibile nelle sue forme, è conosciuto come il carcere. È un manufatto di origine settecentesca, costruito in un periodo in cui la Val Cenischia si trovava al centro di continue tensioni tra il Ducato di Savoia e la Francia. Nel Settecento, infatti, i confini alpini erano tutto fuorché stabili: scaramucce, occupazioni temporanee e passaggi armati erano frequenti, e questo piccolo edificio—solido, isolato, difficile da raggiungere—venne sfruttato come punto di controllo e probabile luogo di detenzione per disertori, sospetti informatori o prigionieri catturati durante le manovre sul confine. La struttura, pur semplice, riflette il carattere di quei decenni inquieti: muri spessi, aperture ridotte al minimo, e una collocazione che permetteva al tempo stesso isolamento e sorveglianza del passaggio.
Pochi passi più avanti, quasi in netto contrasto, compaiono i resti della centrale idroelettrica di Saluroglio, costruita negli anni Trenta del Novecento ma radicata in un filone tecnologico che affonda le sue origini molto più indietro. La Val Cenischia è infatti una delle culle dell’idroelettrico alpino: già a fine Ottocento le acque del Cenischia venivano sfruttate per i primi impianti sperimentali, e la centrale di Saluroglio rappresenta una delle prime strutture organizzate e modernizzate dell’intero arco alpino.
Questo edificio del 1930 era una sorta di “ponte” tra due epoche: raccoglieva l’eredità delle piccole centrali pionieristiche delle Valli di Lanzo e della Val di Susa, ma anticipava anche la logica dei grandi impianti del dopoguerra. Le turbine qui installate, alimentate da una rete di canalizzazioni oggi in gran parte scomparse tra la vegetazione, segnarono l’inizio di un cambiamento epocale: la montagna non solo come luogo di pascoli e transiti, ma come riserva energetica strategica. L’attuale centrale di Venaus, più a valle e visibile ancora oggi, ne è l’erede diretta.
Da Saluroglio il percorso si fa più dolce: una pista forestale conduce verso la SP212, che si attraversa brevemente prima di riprendere quota tra strada agro–silvo–pastorale e tratti di mulattiera. La salita continua regolare, costante, fino a raggiungere la SS25 in corrispondenza del bivio per il Lago Arpone, punto dove il tracciato si innesta sui percorsi 582 e 588.
Qui termina il tratto di collegamento, ma non la sensazione di aver attraversato una valle in cui ogni metro racconta una storia diversa: quella dei pastori e dei viandanti, quella degli ingegneri che hanno addomesticato l’acqua, e quella di un confine inquieto che per secoli ha inciso la vita delle comunità di montagna.
Bibliografia
Descrizione a cura di SOSEC CAI Piemonte - Marco Caparello
Indirizzo e punti di contatto
| Nome | Descrizione |
|---|---|
| sentieristica.valcenischia@gmail.com | |
| Punto di partenza | Novalesa, Intersezione Via Francigena - 882 m |
| Punto di arrivo | Venaus, Frazione Bar Cenisio - 1.485 m |
| Lunghezza | 3,9 Km |
| Tempo percorrenza | 1h50' |
| Grado di difficoltà | EE |
| Dislivello | 600 m |
| Caratteristiche | Stato di Percorribilità: PARZIALMENTE PERCORRIBILE ai sensi dell'Allegato C della D.G.C. n. 49 del 14/11/2025 |
| Informazioni | AVVISO del 06/12/2025: Attenzione, il percorso è in fase di riallestimento e posa della nuova segnaletica. Al momento attuale sussistono solo pochi segnavia a vernice. |